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Il poeta vi nacque il 3 gennaio del 1698

La casa di Metastasio all’Arco dei Cappellari

A due passi da piazza Campo de’ Fiori, un semplice arco scavalca la via dei Cappellari. Fu fatto costruire da Paola di Giovanni Antonio Calvi, che aveva fondato nella sua casa, nel 1473, un monastero, detto "Casa Santa", in qualche documento "Collegio", per le bizzoche, ossia le donne che, abbandonato il mondo secolare, si ritiravano in comunità di preghiera, senza però prendere i voti religiosi.

L’arco, a pieno centro, altissimo sul piano stradale, collega obliquamente due palazzi della via, di cui uno seicentesco di notevole importanza, che nel XIX sec. appartenne ai Baracchini. L’archivolto è impostato all’altezza dei primi tre piani. La parte superiore, praticabile, presenta su entrambi i lati una finestra fuori centro: quella verso Campo de’ Fiorì è di tipo cinquecentesco trabeato. La copertura è a doppio spiovente, impostata su una cornice a ovuli nel lato collegato con l’edificio del ‘600.

Nel sottopassaggio, al n. 30 è l’edificio dove, al pianterreno, nacque Pietro Metastasio, come ricorda la lapide posta dal Comune dì Roma con testo di Domenico Gnoli: "In questa casa / a di 3 gennaio del 1698 / nasceva Pietro Trapassi / noto al mondo / col nome di Metastasio / S.P.Q.R. 1873". Il poeta era figlio di Felice, originario di Assisi ed ex sottufficiale del reggimento dei Corsi del pontefice Alessandro VIII, e di Francesca Galastri, casalinga, secondo lo stato delle anime di San Lorenzo in Damaso fiorentina. Dal registro della stessa parrocchia si apprende che Pietro fu battezzato dal cardinale Pietro Ottoboni, nipote di Alessandro VIII, nel febbraio del 1698.

In questa casa, detta del Crocifisso, la famiglia si accrebbe l’anno seguente con la nascita di un altro figlio maschio, Leopoldo. Purtroppo il 13 giugno del 1702 moriva improvvisamente Francesca Galastri, appena ventiquattrenne, lasciando il marito e i due figli piccolissimi. Felice rimase nella casa di via dei Cappellari, nell’abitazione che utilizzava anche come negozio da orzarolo, dove vendeva olio, farina, candele di sego e sapone, un’attività che portò avanti fino al 1754, anno della sua morte. Si era risposato con Angela Lucarelli di Cave, da cui ebbe altre due figlie. Nel 1708 Gian Vincenzo Gravina, professore di diritto civile e canonico, chiese di poter adottare il giovane Pietro, che sembra avesse già dato prova di doti eccezionali, e poco dopo lo portò a vivere con sé nella sua casa di via S. Anna dei Bresciani. Come ricordava l’abate Giulio Cordara di Calamandrana, il Gravina sarebbe stato "l'educatore, il maestro, il benefattore del poeta romano, cui volle con vocabolo tolto dal greco e rispondente al suo cognome chiamar Metastasio". Pietro sarebbe divenuto l’interprete e il riformatore della tragedia, con il suo stile sincero e ironico. Quando, nel 1718, il Gravina morì, lasciando il suo protetto erede della sua fortuna – che comprendeva una biblioteca di classici latini e greci – Metastasio lasciò Roma, trasferendosi a Napoli.

Nella casa di via dei Cappellari ha ora sede la ARPACROM (Associazione per il Rilancio del Patrimonio Artistico di Roma e dell’Opera di Metastasio) che nel 1995 ha promosso con un progetto artistico-culturale del suo presidente, il prof. Mario Valente, la costituzione del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del terzo Centenario della nascita di Metastasio, che ha prodotto pubblicazioni scientifiche, concerti, convegni internazionali di studio, registrazioni discografiche e ha raccolto edizioni storiche  dell’opera del poeta.

L’associazione, alcuni anni fa, ha lanciato un grido d’allarme, lamentando che la modesta casa natale del poeta, conservatasi pressoché intatta da più di tre secoli, rischiava di crollare a causa di superfetazioni edilizie che avrebbero sovraccaricato la struttura del fabbricato.

Dal dicembre del 2011 la casa natale di Metastasio è diventata un museo. Per carenza di personale, le visite sono permesse solo di giovedì, dalle 15.30 alle 17.30.

Poco lontano da via dei Cappellari, il poeta è ricordato anche da una statua, in piazza dalle Chiesa Nuova, di fronte all’Oratorio dei Filippini. La scultura marmorea è collocata su un elegante piedistallo rifinito da cornici finemente intagliate ed arricchito da cartigli. Il basamento è ornato da una ghirlanda di foglie di alloro intrecciata con i simboli del melodramma - una maschera e una lira- sul fronte. Sul retro è la lupa capitolina entro uno scudo. Il monumento fu realizzato nel 1886 dallo scultore fiorentino Emilio Gallori. In origine si trovava in piazza San Silvestro e fu spostata nel luogo attuale solo nel 1910.

di Antonio Venditti e Cinzia Dal Maso

29 agosto 2012

 

 

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